La visione immaginale integra in forma sincretica tradizioni millenarie di cura dell’anima con il lavoro terapeutico di psicologi del profondo borderline come Carl Jung (che ha coniato l’espressione “inconscio collettivo”) e James Hillman, fondatore della psicologia archetipica.
L’immaginale è stato definito la “terra di mezzo” e consente di inglobare tradizioni eterogenee come la psicologia del profondo, radicata nel mito greco, l’alchimia e tradizioni spirituali esoteriche come l’animismo africano, lo sciamanesimo siberiano, l’induismo e il buddismo zen giapponese, che da millenni aiutano le persone spirituali a prendersi cura dell’anima.
Il life coaching immaginale, la pedagogia immaginale e il metodo archetipi al lavoro TM sono gli strumenti che ho acquisito personalmente. Grazie alla visione immaginale che li accomuna, ho potuto integrarli in forma comprensibile con l’esperienza diretta nella spiritualità animista africana, acquisita nel corso di diversi viaggi spirituali in Togo, oltre che con la passione per musica e teatro.
Ecologia non terapeutica
Ecologia dello sguardo
Ecologia della mente
Ecologia organizzativa
La visione immaginale unisce tradizioni accomunate dall’interesse per l’Anima che, per James Hillman, è l’atto stesso dell’immaginare.
La visione immaginale considera i fenomeni come immagini e li riconduce a un immaginario culturale famigliare che affonda le radici nel mito greco e si ramifica in forme diverse nella cultura popolare e nelle varie manifestazioni artistiche (musica, teatro, danza, poesia, letteratura, arti plastiche e figurative).
Gli eventi e fenomeni sono immagini che nutrono l’anima, e per questo non vanno giudicati secondo i parametri mentali o culturali, o peggio secondo le categorie diagnostiche della terapia desacralizzata.
Quino, Guernica