Nel lavoro con gli archetipi, la dimensione rituale è fondamentale, come insegnano non solamente le tradizioni sciamaniche e animiste, ma anche la pratica teatrale (di cui il metodo Archetipi al lavoro TM è impregnato) e artistica (che può essere essa stessa considerata un rituale, quando svolta con devozione e passione). Un rituale può essere qualsiasi gesto concreto, eseguito con l’intenzione di creare un momento sacro e intimo con l’archetipo che in quel momento meglio rappresenta la condizione nella quale ci troviamo. Può bastare anche mettere una carta di quell’archetipo sotto il cuscino per alcune notti recitando una preghiera, o sacrificare una forte certezza alla quale crediamo fermamente – purché sia un atto fisico accompagnato da una intenzione specifica e dichiarata.
Con un semplice atto, lasciamo il controllo nelle mani del divino, che, nella visione politeista, è uno e molteplice allo stesso tempo. Secondo James Hillman, fondatore della psicologia archetipica, ogni evento nasconde una divinità e, nel momento in cui sappiamo a quale altare offrire, e compiamo il sacrificio, stiamo in realtà riconoscendo e offrendo a tutti gli dei, poiché “gli dei non vogliono essere adorati, ma riconosciuti”.