Nella cultura animista, i luoghi hanno un’importanza significativa, prima di tutto perché sono intrisi di memorie e, in secondo “luogo”, perché hanno caratteristiche proprie e funzionali il cui significato si amplifica a livello invisibile ed energetico. Un incrocio stradale, ad esempio, o una piazza, sono luoghi dove si instaurano relazioni e scambi, anche solo di sguardi fugaci nel caso di un incrocio, l’energia dei quali però varia da incrocio a incrocio, da piazza a piazza.
Le memorie di chi è transitato da quel luogo si depositano sui muri, sulle strade, e “dialogano” con le altre memorie che vi transitano. Per questo in alcuni posti ci sentiamo tranquilli e sereni, e appena ci spostiamo di qualche metro, subito possiamo sentirci appesantiti e turbati; o ancora, è per questo che in alcuni negozi qualsiasi attività apra chiude o, al contrario, ha successo; o perché in alcune case le famiglie sono felici o accadono tragedie famigliari.
Oltre alle memorie, anche le caratteristiche del luogo hanno un’influenza sull'”energia” del luogo (in altri termini la sua Anima). Tradizioni millenarie sensibili all’Anima delle cose come il FengShui o il Vastu insegnano, ad esempio, che l’orientamento di una casa (e delle stanze al suo interno) è determinante per la realizzazione e la felicità di coloro che ci abitano. Nel progettare la Casa Animista insieme a un architetto olistico, ho imparato ad esempio che il sud della casa, abitualmente associato all’elemento fuoco, sia più propenso ad ospitare la cucina (dove avviene la trasformazione dei cibi per mezzo di un altro fuoco). Nell’immobile che oggi ospita la Casa Animista avevo inizialmente la cucina sul lato nord (a cui è solitamente associata la direzione dei propri avanzamenti lavorativi ed economici): questo bloccava il flusso di denaro e abbondanza e anche per questo ho deciso di spostare la cucina in un’altra zona.
Ciò che ho imparato soprattutto è di non valutare semplicemente l’interesse funzionale (“la cucina sta meglio di qua, perché è l’unica parete libera, è più funzionale”, secondo un calcolo eseguito solamente in funzione di ciò che sta “all’interno delle quattro mura”) ma anche quello della casa nel suo insieme con l’ambiente esterno. Ogni casa, e ogni cosa, ha un’anima, che non è solo memoria, ma anche un’aspirazione a diventare “qualcosa” di specifico, proprio come la ghianda che desidera diventare quercia e non, ad esempio, pino. In ogni cosa che faccio, cerco di interrogare la “cosa” stessa e chiederle “cosa vuoi diventare? come vuoi interagire con il mondo?”
Orientare in fondo significa “volgere verso oriente”, verso la sua aspirazione ad emergere (come il sole che sorge la mattina): inserire la casa (ma vale per qualsiasi “ecosistema”, corpo umano incluso, o i figli, tanto per fare un esempio attuale) in un ecosistema più ampio, significa permettergli di dialogare fruttuosamente con tutti gli altri sistemi, a livello sottile e vibratorio.