Il villaggio di Kpele Govie, in Togo, ospita un centro culturale dove è possibile accostarsi alla spiritualità animista africana grazie all’ospitalità dello sciamano Calixte Hountondji.
Vissuto 15 anni in Italia, Calixte ha deciso di tornare in Africa per permettere uno scambio culturale tra Africa e Occidente, come egli stesso racconta:
Ciao a tutti, io sono Calixte (…) sono originario del Togo, ma tanti anni fa mi sono trasferito in Italia per lavorare, per fare ciò che amo: guidare le persone attraverso percorsi spirituali che permettano di riscoprire sé stessi e vivere la vita con serenità e leggerezza.
In questi anni in Italia ho conosciuto tantissime persone meravigliose, che hanno cambiato la mia vita: una di queste è la mia compagna, Michela. Da poco abbiamo avuto una bambina bellissima e il mese scorso ci siamo trasferiti nel mio villaggio d’origine, Kpelé. Michela desidera sperimentare la nuova vita africana per poi decidere se fermarsi definitivamente.
Il Togo, a differenza di altri stati africani, è uno stato in cui l’acqua non scarseggia, infatti abbiamo la fortuna di avere una vegetazione lussureggiante. Quello che scarseggia davvero è il lavoro, in particolar modo per i giovani. Da molti anni mi occupo di scoraggiare l’emigrazione giovanile verso i paesi dell’Europa, perché penso che il nostro paese abbia tantissimo da offrire: la connessione con la Madre Terra, dei paesaggi splendidi e uno stile di vita sano ed equilibrato.
L’unica cosa che manca sono le opportunità per i giovani di sentirsi appagati e realizzati dal punto di vista lavorativo. Invece, vivendo in Europa, mi sono accorto che, dove non mancano le opportunità lavorative mancano le occasioni di connettersi con il proprio sé, di concedersi una pausa dallo stress quotidiano, di rallentare, di guardarsi dentro e di trovare la pace.
Perciò l’idea del progetto nasce per mettere in comunicazione queste due esigenze: la necessità degli europei di andare in un luogo spirituale per lavorare sul proprio “io interiore” e l’esigenza degli africani di mettere a frutto le proprie conoscenze tramandate da secoli e creare così nuove opportunità di lavoro.
Il Centro Spirituale «Agbemò» , che in africano significa “La Via della Vita”, sarà un centro in cui le persone di tutto il mondo potranno incontrarsi, scambiarsi saperi, connettersi con il proprio “io ancestrale”, ritrovare la serenità e le motivazioni profonde che le spingono ad andare avanti. Sarà un’occasione per dare ai ragazzi togolesi gli strumenti per imparare a gestire un’attività, per fornire loro una preparazione di tipo turistico e per aprire le loro vite all’incontro con altre culture. Sarà anche un’occasione per far acquisire loro delle competenze che permettano di avere un futuro migliore.
In questi anni, durante la mia permanenza in Italia, ho raccolto fondi per finanziare piccoli progetti che hanno portato migliorie nel villaggio di Kpelè, fra questi sono riuscito, con la collaborazione di diverse persone italiane, a far arrivare nel villaggio un trattore che è già operativo. Sta spianando il terreno per le capanne e per le coltivazioni eco-sostenibili che realizzeremo a breve.
In collaborazione con alcuni abitanti del villaggio ho costruito delle capanne dove ospiteremo i viaggiatori che arriveranno dall’Italia e dal resto del mondo per ritrovare la propria centratura e le proprie radici. (…)
Insomma, mi sono già dilungato troppo, ma chi mi conosce lo sa: mi piace parlare, raccontare e farvi immaginare… (…) Vi aspetto tutti in Togo! (…) Se qualcuno volesse sperimentare tutto ciò di cui vi ho parlato e vedere cosa le donazioni hanno reso possibile, non esiti a contattarci!
Con queste parole Calixte raccontava il suo progetto nel 2018. Ora molte cose sono andate avanti, come potete vedere nei video e nelle foto del suo profilo Facebook.
In questo luogo magico sorto alla confluenza di due fiumi è possibile sperimentare una condizione di pace e quiete profonda, immersi nella natura e vita africana. La presenza e sensibilità di Calixte e la sua esperienza in Europa consentono inoltre di intraprendere percorsi di trasformazione personale e spirituale che è possibile continuare anche dopo il rientro in Italia.
Invitandovi a dare un’occhiata alle immagini e ai video che riprendono la vita ad Agbemò vorrei portare la tua consapevolezza sullo sguardo e sul significato che attribuiamo normalmente alle immagini. Spesso tale significato è indotto dai mass media e da una cultura che vuole farci credere certe cose, come ad esempio che in Africa si fa la fame (toh, proprio come a vivere d’arte o di poesia).
Le immagini di bambini che muoiono di fame o abbandonati sotto i proiettili sono immagini di una certa Africa, depredata delle risorse naturali, impoverita da guerre e lotte civili fomentate da predatori che, come il mito greco di Giasone, si presentano a noi come portatori di cibo e democrazia.
Sono stato quattro volte in Togo e non sono mai morto di fame, anzi. È vero, ho dormito su una stuoia di bambù anziché su un materasso (anche se in alcune parti c’è anche quello, e te lo vendono anche per strada se proprio non ne puoi fare a meno), e i primi tempi ho dovuto fare la doccia portandomi l’acqua (fredda) dal pozzo. Ma forse che non sono sopravvissuto e che molti di questi bisogni non siano, in ultima analisi, bisogni indotti? Forse che la paura generata o stimolata da certe immagini di povertà non serva a farci preferire il nostro stile di vita con i nostri materassi e la nostra doccia, senza vedere che per comprare tutte queste cose dobbiamo lavorare, produrre, inquinare, depredare, fare guerre? E non parlo solamente delle guerre che si combattono in Africa o in qualsiasi Paese del mondo (in nome della democrazia ovviamente…) ma di quelle che combattiamo a casa nostra, nei nostri luoghi di lavoro, in famiglia, per avere ragione, per aumentare la produzione, per sfruttare i nostri colleghi e collaboratori, o i nostri famigliari, amici e conoscenti nella speranza di pagare meno (coi soldi o con altri mezzi) beni e servizi di cui non abbiamo un reale bisogno?
Calixte sta costruendo questo villaggio per permettere uno scambio in una terra di mezzo, dove è possibile sperimentare l’essenzialità e frugalità africane senza rinunciare a qualche comodità occidentale (i bagni, la doccia, la cucina con il fuoco, e c’è addirittura il forno per fare la pizza!!!)
Credo che servano terre di mezzo di questo tipo, nelle quali ritirarsi per un certo periodo e reimparare a vivere.
Questa terra di mezzo, sorta al confluire di due fiumi, per me è anche il luogo dove arte, natura e sacro si incontrano.
Nella vita africana l’arte è presente come componente intrinseca al sacro – in cui ogni aspetto della vita è sacro e contiene il divino. I simulacri delle divinità sono statue raffiguranti animali che hanno precise connotazioni simboliche: il coccodrillo, ad esempio, che sta alla guardia dei luoghi sacri, è la divinità protettrice, e il suo nome, nella lingua locale (Evè) è sia quello dell’animale che quello della divinità.
Così il camaleonte, il leone, la sirena, la scimmia…
In più, la musica e la danza fanno parte del rituale sciamanico e servono a chiamare a sé gli spiriti degli avi e dei maestri. Tamburi, percussioni e passi di danza coreografici e radicati nel sangue di ogni abitante del luogo aiutano a superare la mente e raggiungere quello stato d’estasi e unione con la divinità che i più chiamano trance e che invece è una condizione di pace e quiete profonda, dove non c’è più bisogno di chiedere o fare nulla perché tutto ciò di cui c’è bisogno è dato prima ancora di essere chiesto, tutto è simultaneo nell’abbraccio dello sposo divino o sposa divina (che loro chiamano spirito, e noi nella tradizione occidentale anima o anima mundi).
Il progetto di Calixte si chiama “Agbemò, la via della vita” ed è aperto a tutti, per periodi più o meno lunghi. Per informazioni potete contattare direttamente Calixte (ovviamente parla benissimo italiano, e vi capisce anche se parlate in dialetto) o scrivermi per chiedere ulteriori informazioni e testimonianze.