La visione immaginale intende la leadership come la capacità di vedere l’invisibile.
Leader non è forse chi sa vedere più lontano di altri, mantenere la rotta in situazioni impervie, attraversare l’oscurità e condurre la nave in porto e attraversare il buio della selva oscura? O un visionario capace di visioni non comuni? Prima di prendere decisioni strategiche, i leader dell’antichità (re, eroi e generali) si consultavano segretamente con vecchi saggi, molti dei quali, come Tiresia, erano cechi. Saper guardare lontano significa allora saper guardare dentro, nella propria Anima, la cui profondità, come scrive Eraclito, non ha fine.
Oggi che anche le scuole, gli ospedali, gli enti pubblici e artistici sono diventate aziende (formative, sanitarie, amministrative, d’intrattenimento), i leader aziendali sono sempre più oberati da cose che non hanno l’umana capacità di gestire, incapaci di stare in una gabbia che loro stessi hanno creato con il loro desiderio di controllo e prestigio. La pressione con la quale molti leader devono fare i conti nelle proprie scelte quotidiane è inasprita dall’avvento tecnocratico e da logiche di controllo serrato a cui non sfuggono emozioni ed affetti, sia in ambito professionale che personale.
Proprio per questo, la relazione che si instaura tra un leader e la sua squadra non può prescindere dalla relazione che il leader instaura con la propria anima
Ognuno è un potenziale leader, in qualsiasi ambito della propria vita. Il leader si pone anzitutto come il co-creatore del proprio destino, un capitano della propria anima disposto a diventare, usando le parole di Jung, ciò che è destinato a essere.