Praticare il sacro (sacrum facere) significa restituire valore a una parola fraintesa, sacrificio.
In questo sito intendo offrire pratiche artistiche, simboliche e spirituali per riportare la dimensione sacra dell’anima all’interno della vita personale e professionale.
Oggi per il lavoro, il profitto e il denaro sacrifichiamo la vita, la famiglia, le relazioni, gli affetti, la salute.
La vita ha un valore sacro e ce ne accorgiamo quando è tardi e stiamo per perderla.
Nella nostra civiltà la vita ha perso la propria dimensione sacra in nome del profitto e della sopravvivenza materiale. Gli sforzi e le attività in cui siamo impegnati giornalmente sono più motivati da una sensazione di mancanza e scarsità (anche quando nuotiamo nell’abbondanza) che da una reale passione e desiderio profondi.
Il mondo è pieno di persone che fa cose che non servono al percorso dell’anima, che non riempiono nè soddisfano, spinto solo dall’idea che bisogna farlo, bisogna lavorare-portare-a-casa-lo-stipendio-pagare-il-mutuo-e-morire-soli-in-un-ospedale. Ma chi l’ha detto?
Riprendere contatto con la dimensione sacra della vita significa innanzitutto imparare a sacrificare all’altare giusto, riconoscere quale aspetto della vita è più giusto dedicare più tempo, risorse, riguardo e attenzione e a quale aspetto stiamo sacrificando in eccesso o in difetto.
L’arte e i simboli possono aiutare perché forniscono le immagini in grado di risalire metaforicamente fino alle divinità che presiedono a questi aspetti della vita.
Nella visione del mondo animista tutto ha un’anima perché in ogni cosa si nasconde una divinità, secondo un reticolo di corrispondenze tramandato nel mito.
L’orchestra è un buon esempio di immagine tratta dal mondo artistico e che rappresenta la totalità delle voci che compone le tonalità della vita.
Se una voce prevale sempre sulle altre, o se lasciamo che suoni sempre un solo strumento, il risultato sarà una vita monotona.
Una vita ricca e appagante sotto ogni profilo è una vita ricca di voci e strumenti, di accordi e contrappunti (voci che suonano contemporaneamente melodie diverse).
Il simbolo permette il passaggio a una vita polifonica e politeista.
In ogni aspetto della vita si nasconde una divinità e possiamo riconnetterci alla dimensione sacra e divina dell’esistenza attraverso i miti e gli archetipi, divinità di un tempio politeista che si manifestano nella vita umana per immagini e simboli (simbolo deriva proprio dal verbo greco symballo che significa unire cose e mondi separati).
Osservare le immagini di cui l’arte è ricca con sguardo diffuso, allentato (rallentato e allenato) consente al divino di presentarsi sulla soglia dell’immaginazione.
Un’orchestra ben temperata, che dà il titolo al sito, è quindi anzitutto metafora di una vita ben temperata, dove temperare significa “non scegliere” una tonalità ma sceglierle tutte.
L’espressione rimanda a Il clavicembalo ben temperato, opera con cui il compositore Johann Sebastian Bach rispondeva nella pratica all’annoso problema dell’accordatura dello strumento, che obbligava i musicisti a scegliere alcune tonalità ed escluderne altre.
Similmente nel mito greco, Paride sceglie Afrodite come dea più bella e si scatena la guerra di Troia che segna la fine della sua città e civiltà (il mondo degli eroi valorosi e rispettosi verso gli dei e la natura) a favore di una civiltà, quella greca, dedita al saccheggio, alla frode (i greci vincono grazie all’inganno del cavallo), al sacrilegio (Agamennone rapisce e stupra la sacerdotessa di Apollo) e alla mercanzia più bieca (le sacerdotesse scambiate come schiave).
L’arte è lo specchio dell’anima di una civiltà, ne mostra l’aspetto attraverso quadri nelle mostre, concerti, rappresentazioni sceniche e soprattutto attraverso gli artisti.
Anche una certa arte oggi ha perso il suo senso profondo e la sua dimensione sacra, per assoggettarsi alle leggi del mercato e del profitto.
E allora bisogna andare a ripescare il senso e la dimensione del sacro dove ancora è presente: nelle pratiche simboliche come l’alchimia, l’astrologia, il mito e la poesia e in quelle spirituali animiste come lo sciamanismo.
Questo filo lega l’arte, in tutte le sue forme (musica, teatro, danza) alle immagini e da queste all’immaginazione, nella quale vivono le divinità e i miti naturali sotto forma di immagini, archetipi, simboli e miti della natura.
Cosa fa l’arte se non immaginare gli dei? Cosa fa la natura se non dare un volto umano agli Dei?
Natura e arte sono i due aspetti visibili dell’anima, del Divino che è in noi, il nostro aspetto invisibile e profondo.
Esse forniscono le immagini di cui abbiamo bisogno per immaginare il Divino e metterci in contatto con lui, con la nostra essenza profonda, il nostro Daimon o Maestro interiore.
Abbiamo bisogno degli alberi, delle piante, dei fiori, degli organi del corpo, i pianeti, gli animali, i luoghi, le case, i paesi, per immaginare gli Archetipi, gli Dei che li abitano.
Un tempo poeti e sciamani erano sinonimi perché entrambi erano portavoci e messaggeri ispirati dalle divinità e in quanto tali mettevano in contatto mondo naturale e soprannaturale, aiutando altre persone a trovare la propria anima e senso di vita.
C’è bisogno di riconnettersi all’anima per riequilibrare una cultura e una società (un animus) eccessivamente invadenti, che distraggono e impediscono di realizzare le aspirazioni individuali e collettive più autentiche.
Queste pratiche sono unite da un filo sottile e consentono di riconnettere individui, leader e organizzazioni all’anima e all’anima del mondo, al cosmo.
“Un’arte che cura” non è un’espressione nuova. Quarant’anni fa Jodorowsky, artista poliedrico, infuso di mito (teatro panico) e di anima (grazie alla frequentazione di sciamani latino-americani), creava la Psicomagia, prima formulazione di un’arte che cura. Cura l’anima, la cultura in cui viviamo, quella società che si tende a condannare quando ci si sente costretti e condizionati da forze esterne (“è colpa della società”), che riteniamo malata ma di cui nessuno vuole o può prendersi cura.
La società siamo noi, è il mondo che ci siamo scelti e che possiamo contribuire a cambiare se non ci va bene, con nuovi gesti e nuove pratiche quotidiane.
Ed è il pianeta in cui viviamo, specchio del nostro mondo interiore, a cui possiamo riconnetterci.
Questo sito ha motivazioni ambiziose, ma necessarie per vincere l’appiattimento culturale e la mancanza di senso e colore che popola le case e soprattutto i luoghi in cui spendiamo la maggior parte delle nostre ore, e che si riflette in un mondo teso unicamente a un obiettivo (profitto), fatto di persone incredibilmente tese e preoccupate di sopravvivere.
Quando va bene, queste persone svolgono il loro lavoro senza passione solo perché non sanno farle altrimenti. Dico va bene perché la mancanza di passione è un sintomo importante dell’anima, una porta d’accesso al profondo. Quando va male, vanno avanti come carri armati fino a quando trovano un muro davanti così radicato da non spostarsi (spesso ne buttano giù parecchi prima di accorgersi che il muro ha un messaggio per loro).
Io stesso ho lavorato per anni senza passione fino a quando mi sono reso conto che volevo fare altro che seguire obiettivi e desideri indotti culturalmente.
Ho trovato nella mia vita persone e maestri che hanno sviluppato una sensibilità affine e anche degli strumenti pratici in grado di facilitare questa riconnessione della vita con la sua dimensione sacra (che è quella dell’anima). Mi propongo di facilitare e rendere fruibili queste pratiche e strumenti attraverso i servizi offerti in questo sito. Sono lieto e disponibile ad accogliere e intraprendere qualunque tipo di collaborazione, sia come facilitatore che come partner, purché sia in linea con questi valori.